gio

17

apr

2014

Musei Vaticani

I Musei Vaticani furono fondati da papa Giulio II nel XVI secolo. L’intera struttura, che occupa gran parte del Cortile del Belvedere, comprende diversi Musei e vari ambienti visibili dei palazzi vaticani.

Tra i vari Musei, è sicuramente degna di nota la Pinacoteca Vaticana, che consta ad oggi di circa 460 dipinti disposti in 18 sale in base a criteri di cronologia e scuola (dal XII al XIX secolo).

Ancora, gli Arazzi di Raffaello, tela su cartone, mostrano le storie dei santi Pietro e Paolo tratte dai Vangeli e dagli Atti degli Apostoli, e sono legati da precise corrispondenze con i riquadri affrescati nel registro mediano della Cappella Sistina; questi arazzi ricoprivano il registro più basso della Cappella, nella zona separata dalla transenna marmorea, erano utilizzati durante le più solenni festività e venivano letti, come le storie soprastanti, dalla parete dell’altare verso il lato opposto.

Una delle Gallerie di maggior rilievo è sicuramente quella delle Carte Geografiche, voluta da papa Gregorio XIII ed affrescata e decorata da diversi artisti tra il 1580 ed il 1585. L’intera galleria è una rappresentazione minuziosa di tutte le regioni d’Italia del tempo e delle principali città. Il soffitto della Galleria è affrescato con rappresentazioni di eventi miracolosi, posti in corrispondenza della regione d’Italia in cui sono avvenuti.

Le Stanze dei Borgia vennero create come residenza privata del papa Alessandro VI e della sua famiglia, e decorate da un ciclo di affreschi di Pinturicchio e suoi aiutanti intorno al 1492; dopo la morte del pontefice vennero abbandonate, per essere aperte al pubblico solo alla fine del XIX secolo.

 

La Cappella Sistina, dedicata a Maria Assunta in Cielo, fu costruita tra il 1475 e il 1481, per volere di papa Sisto IV della Rovere, da cui il nome di Sistina; al suo interno si tengono il Conclave e altre cerimonie ufficiali del papa ed è interamente affrescata con opere di Michelangelo Buonarroti (la volta e la parete di fondo sopra l’altare), Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Pinturicchio, Domenico Ghirlandaio e di altri famosi artisti della seconda metà del ‘400.

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sab

20

apr

2013

Domus Romane del Celio

Sotto la basilica dei S.S. Giovanni e Paolo al Celio, fondata all'inizio del V secolo dal senatore Pammachio, si estende uno straordinario complesso di edifici residenziali di età romana. La tradizione identifica questi luoghi con la casa in cui i S.S. Giovanni e Paolo abitarono e furono sepolti, dopo avervi subito il martirio sotto il regno dell'imperatore Giuliano l'Apostata (361-363 d.C.). Il complesso archeologico, scoperto nel 1887 da Padre Germano di S. Stanislao, rettore della Basilica dei S.S. Giovanni e Paolo al Celio ancora oggi officiata dai Padri Passionisti, svela un suggestivo itinerario attraverso oltre 20 ambienti ipogei su vari livelli, in parte affrescati con pitture databili tra il III secolo d.C. e l'età medievale. Un susseguirsi di sale decorate, un dedalo di strutture stratificate, tagliate dalla fondazione della chiesa, mostrano uno spaccato di vita quotidiana ed un'interessante commistione di temi culturali e religiosi. Da caseggiato popolare (insula) a ricca domus, fino alla costruzione del titulus cristiano: queste le vicende del monumento che nasce dalla fusione di una serie di edifici. Il nucleo principale è costituito da una domus su due livelli, del II secolo d.C., occupata da un impianto termale privato (balneum) al piano inferiore e da un'insula, caratteristico caseggiato popolare con un portico e taberne al livello stradale ed abitazioni ai piani superiori, costruita all'inizio del III secolo d.C. lungo il Clivo di Scauro. Le diverse unità abitative furono unite insieme nel corso del III secolo d.C. da un unico proprietario e trasformate in un'elegante domus pagana con ambienti di rappresentanza decorati da affreschi di pregio. La straordinaria stratificazione archeologica e l'ottimo stato di conservazione delle strutture si individua già all'esterno, poiché l'attuale muro perimetrale della chiesa paleocristiana ha inglobato la facciata dell'antica insula, della quale si riconoscono il portico ad archi lungo il Clivo di Scauro e le finestre di due dei piani superiori.

Lungo il lato settentrionale del clivus Scauri sorge la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, che ricopre e in parte riutilizza una serie di edifici di età imperiale. La basilica si apre su un piazzale, da dove aveva inizio una via antica, che correva in direzione nord, lungo il fianco del Tempio di Claudio (le cui vestigia sono ancora visibili all'esterno della basilica). Un'altra strada, parallela al clivus Scauri, verso nord, limitava il quartiere di abitazioni, del quale i resti sotto i Santi Giovanni e Paolo facevano parte. Due case dovevano trovarsi a sud-ovest della chiesa: della più orientale di esse si conserva per l'altezza di tre piani, a destra dell'abside, una grande parete di opus mixtum del II secolo d.C., dell'altra, pochi resti si possono vedere in fondo alla navatella destra (il grande affresco del cortile-ninfeo, di cui si tratterà più avanti, copre un aparete esterna di questa casa. Lungo il clivus Scauri il lato sinistro della chiesa ha riutilizzato la facciata della casa del II secolo d.C., che per questo si è conservata in modo eccezionale (solo in parte coperta dalle arcate medievali, che scavalcano in questo punto la via).

Le modificazioni apportate per adattare l'edificio antico alla nuova funzione sono: il taglio della facciata a metà dell'altezza del secondo piano e la chiusura delle finestre e delle sei arcate al pianterreno.

Gli ingressi della casa, uno dei quali conduceva direttamente al pianterreno mentre l'altro, tramite una scala, ai piani superiori, si aprivano in corrispondenza dei due fornici centrali. Le finestre erano disposte in due gruppi quasi simmetrici ai lati di un asse centrale, 13 al primo piano, 12 al secondo. Sul portico del pianterreno si apriva una serie di taberne. Sotto la chiesa sono state liberate, verso la fine del secolo scorso, due grandi case di abitazione a più piani - ad una delle quali appartiene la facciata prima descritta - separate da uno stretto angiporto, in un secondo tempo trasformato in un ricco ninfeo. La casa posta più a nord-est si affacciava in origine sulla via parallela al clivus Scauri e verso la via a quasta perpendicolare, che correva lungo il Tempio di Claudio (ma presentava anche una facciata minore sul clivus Scauri). Nel suo stato attuale, essa può essere datata all'epoca di Adriano, sulla sulla base dei bolli laterizi scoperti nelle murature, ma presenta fasi fasi più antiche, almeno dell'età flavia. Gli ambienti scavati si trovano in gran parte al di sotto della navata destra della chiesa, tagliati dai muri di fondazione del colonnato che separava questa navata da quella centrale.

Il pianterreno era costituito da grandi ambienti, orientati quasi esattamente secondo i punti cardinali, che erano decorati originariamente con stucchi, pitture e mosaici parietali policromi. Il terreno, che scendeva rapidamente verso nord, lasciava il posto per alcuni ambienti, sotterranei rispetto a quelli descritti, ma al pianterreno in direzione della valle. Questi erano occupati da un piccolo stabilimento termale di carattere privato. In un ambiente di quest'ultimo si trova una vasca, in un altro un bacino (labrum) di terracotta. La casa meglio conservata è quella sulla quale si sono impiantate la navata centrale e quella sinistra della basilica. La facciata ne è conservata perfettamente lungo il clivus Scauri, e costituisce il lato sinistro della chiesa. Questa casa (il cui sito fu occupato in precedenza da un edificio più antico) era separata dall'altra mediante uno stretto cortile. Questo fu trasformato, certamente in una seconda fase, in un ricco ninfeo, e fu dotato in tale occasione di uno zoccolo in muratura visibile in due punti: davanti all'ambiente e sul lato corto occidentale, dove si trova la grande pittura. Si trattava di un'installazione di fontane con giochi d'acqua. Il pavimento è costituito da un mosaico policromo a grandi tessere. Si nota anche, al centro, un grande pozzo, che poi fu prolungato in alto, fino al pavimento della chiesa. Una ricca decorazione dipinta rivestiva le pareti dell'ambiente: sulla destra si vedono ancora tracce di un corteo di eroti su mostri marini. Ma il settore più notevole è quello che occupa la parte superiore del lato corto occidentale: si tratta di un grandioso quadro, affrescato sulla parete (lungo m 5, alto m 3), che rappresenta forse il ritorno dall'Ade di Proserpina/ Venere in un tiaso marino. Altro capo del cortile (oltre il muro di fondazione del portico della chiesa) è una grande scala addossata al muro nord della casa: anche questa appartiene ad una seconda fase. L'edificio, un'insula a più piani suddivisa in appartamenti, subì dunque profonde trasformazioni in un secondo tempo (forse metà del III secolo). Esso dovette essere notevolmente abbassato e trasformato in una casa di lusso: un simile processo si può osservare anche in numerose case ostiensi. Il ninfeo del cortile appartiene evidentemente a questa seconda fase.

Dal cortile del ninfeo si accede agli ambienti del pianterreno, compresi tra questo e il clivus Scauri. Alcuni ambienti erano in origine taberne, che si aprivano sul portico esterno (che in epoca tarda fu chiuso con tramezzi, formando così degli ambienti antistanti). Altre stanze davano invece accesso al cortile e da qui alla casa più settentrionale, mentre un piccolo andito costituisce la gabbia della scala che portava agli ambienti superiori. In quella, prossima all'ambiente con il grande affresco - con il quale in origine comunicava direttamente (ora il muro di fondazione della chiesa obbliga a un grande giro per accedervi) - si può vedere una notevolissima decorazione a fondo bianco, con efebi che sostengono un festone vegetale, intramezzati da pavoni e da altri grandi uccelli. Nella volta sono rappresentati tralci e girali, tra i quali svolazzano eroti e uccelli. Il pavimento era rivestito di lastre di marmo, asportate in antico, ma delle quali restano le impronte. Questa notevole decorazione sembra contemporanea a quella del vicino ninfeo.

Una decorazione più tarda, attribuibile alla prima metà del IV secolo d.C., si trova in altri ambienti. Si tratta per lo più dell'imitazione in pittura di ricche incrostazioni di marmo policromo. Nell'"aula dell'orante" la decorazione pittorica, sempre del IV secolo, è più ricca e assai ben conservata (tranne la parte centrale della volta, che è perduta). Sopra l'abituale decorazione, che imita crustae marmoree, corre un pesante fregio di girali di acanto, al di sopra del quale ha inizio la volta, ricoperta da un motivo circolare, diviso in 12 settori. Entro questi scomparti sono rappresentati personaggi maschili, che reggono rotuli, e coppie di pecore, oltre ad altri elementi decorativi, In una lunetta appare la figura di un orante, rappresentato al modo abituale, con le braccia aperte, che dimostra il carattere cristiano della casa in questo periodo.

Di grandissimo interesse, per la storia della chiesa, è la piccola confessione a metà della scala del cortile. Si tratta di una nicchia decorata con affreschi della seconda metà del IV secolo d.C., nei quali è rappresentata una storia di martiri cristiani (essa era posta in corrispondenza di un'apertura, che si apriva nella navata centrale della chiesa. Gli affreschi, su due registri, coprivano tre lati della nicchia, sulla quale si apriva la fenestella confessionis; ai lati di questa sono due figure palliate e, al di sotto, un orante con due persone che si prostrano ai suoi piedi. Ma le scene più interessanti sono quelle di destra: vi si vedono tre figure - due maschili e una femminile - in marcia, scortate da altre due, forse soldati. nel quadro sottostante è rappresentata la decapitazione degli stessi personaggi. Nel tufo naturale del sottoscala, al di sotto di questa nicchia, si aprono tre cavità, che sono state interpretate come tombe.A livello archeologico non ci sono certezze sull'indetificazione dei santi della tradizione topografica postuma la cristinaizzazione del sito e la trasforrmazione della domus in domus ecclesiae e poi basilica. La casa è appartenuta fin dal III secolo a un aristocratico romano forse dopo la conversione della moglie alla fede cristiana divenuto cristiano, Bizante. Questi l'avrebbe donata alla Chiesa, trasformandola in un titulus. L'esistenza di soggetti cristiani in affreschi databili all'inizio del IV secolo; la probabile utilizzazione come luogo di riunione del primo piano della casa, di forma e dimensioni non troppo diverse da quelle della successiva basilica; gli affreschi della seconda metà del IV secolo - di poco posteriori quindi agli avvenimenti narrati - nei quali è rappresentato il martirio di due uomini e di una donna coincidono troppo bene con i dati della tradizione, ma non con la ricostruzione storica che è cronologicamente tarda rispetto alle pitture e giuridicamente errata rispetto al martirio pubblico che non è attestato a livello storico – scientifico, ma solo in testi dal valore poco attendibile e di molto successivi rispetto alle immagini.

Quando il proprietario ha lasciato la casa deve aver portato via le reliquie con sé e quando Pammachio ne è entrato in possesso ha trasformato, forse questo culto in quello dei santi della tradizione, sfruttando le tre cavità, forse un dispensario dove c'erano le reliquie del predecessore, come tombe di martiri sopra cui costruire la chiesa. È possibile anche che l'interpretazione sepolcrale delle aperture sia stata data dai monaci dell'800 che per primi hanno trovato questi resti. In accordo con l'ipotesi di un culto privato di uno dei proprietari della casa del IV secolo sembrerebbero le immagini degli altri ambienti tardo antiche del piano terreno delle strutture abitative intensive(insulae) divenute una o più domus.

 

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sab

20

apr

2013

Mercati di Traiano e Fori Imperiali

MERCATI DI TRAIANO

I Mercati di Traiano costituiscono un esteso complesso di edifici sulle pendici del colle Quirinale. Al loro interno, dal 2007, ospitano il Museo dei Fori Imperiali.

Il complesso in origine si estendeva oltre i limiti dell'attuale area archeologica, era principalmente sede di attività amministrative collegate ai Fori Imperiali e solo in misura limitata ad attività commerciali.

I Mercati sorsero contemporaneamente al Foro di Traiano, agli inizi del II secolo d.C., per occupare e sostenere il taglio delle pendici del Quirinale e sono separati dal Foro per mezzo di una strada basolata.

Gli edifici dei Mercati sono separati tra loro da un antico percorso che, in età tarda, prese il nome di Via Biberatica, che corre a mezza costa sul pendio del colle. La parte inferiore, a partire dal livello del Foro, comprende gli edifici del Grande Emiciclo, articolato su tre piani e con due aule di testata alle estremità, e dal Piccolo Emiciclo, sempre articolato su tre piani. Due scale alle estremità del Grande Emiciclo permettevano di raggiungere i piani superiori e la Via Biberatica. A monte della strada si eleva il corpo centrale, con tabernae a livello della via ed altri tre piani di ambienti interni.

Verso nord, la Via Biberatica è fiancheggiata dal complesso della Grande Aula (che è l'attuale entrata del sito in via IV Novembre). Verso sud invece, la Via Biberatica si collega all'attuale salita del Grillo.

Dal tratto centrale della Via Biberatica una scalinata permette di accedere alla Via della Torre (Torre delle Milizie, XIII secolo) e al Giardino delle Milizie, situati entrambi alle spalle del corpo centrale.

FORI IMPERIALI

Il Foro di Traiano (112-113 d.C.), il più nuovo dei Fori Imperiali, venne edificato appunto dall'imperatore Traiano con il bottino delle sue campagne militari in Dacia, riportate sulla Colonna di Traiano all'interno del Foro. 

Accanto al Foro di Traiano si apre il Foro di Augusto (2 a.C.), nel quale trovava posto il Tempio di Marte Ultore, che si appoggiava ad un altissimo muro (tutt'ora conservato) che divideva il Foro da quartiere della Suburra. Sui lati lunghi del Foro si aprivano ampi portici con esedre, destinati ad ospitare le attività  dei tribunali.

Sotto l'imperatore Vespasiano venne costruita una grande piazza, separata dal Foro di Augusto e da quello di Cesare dalla Via dell'Argileto (Argiletum), che metteva in comunicazione il Foro Romano e la Suburra; questo complesso non fu considerato in origine come uno dei Fori Imperiali se non in epoca tarda, quando venne acquistò il nome di Foro della Pace: era infatti precedentemente conosciuto col nome di Tempio della Pace (75 d.C.).

Il Foro di Nerva (98 d.C.) prese il nome dall'imperatore sotto cui fu inaugurato; il realtà la costruzione del Foro venne iniziata sotto l'imperatore Domiziano per unificare i complessi precedenti: nell'area irregolare posta tra il Foro di Cesare e il Tempio della Pace fu quindi edificata una piazza che li connetteva tra loro. Al suo interno aveva sede il Tempio di Minerva; tutto il Foro si addossava all'esterno dell'esedra del Foro di Augusto; lo spazio rimanete venne invece usato per un ampio ingresso monumentale: la Porticus Absidata.

Il Foro di Nerva era conosciuto anche come Foro Transitorio, a causa della funzione di passaggio che aveva conservato sostituendosi all'Argileto.

 

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sab

20

apr

2013

Anfiteatro Flavio, Foro Romano e Colle Palatino

ANFITEATRO FLAVIO

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più grande anfiteatro del mondo.

L'anfiteatro è stato edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La costruzione fu iniziata da Vespasiano (dinastia dei Flavi, da qui in nome) nel I secolo d.C. e fu inaugurato da Tito sempre nel I secolo.

Veniva usato per spettacoli di gladiatori, spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie e naumachie, ossia battaglie navali; in quest'ultimo evento, il fondo dell'anfiteatro veniva inondato d'acqua per contenere veri vascelli navali che simulavano le battaglie appunto. L'acqua veniva convogliata utilizzando il precedente lago artificiale fatto immettere da Nerone nella Domus, a quell'epoca non più esistente.

Dopo il VI secolo d.C. non fu più utilizzato come anfiteatro vero e proprio.

Il nome Colosseo deriva dall'enorme statua - Colossus - di Nerone che sorgeva al suo posto al tempo della Domus Aurea.

L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 x 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma originariamente arrivava a 52 m. Era circondato da una vasta superficie pavimentata in travertino. Anche la facciata esterna è totalmente in travertino e si articola in quattro ordini: tre registri inferiori con 80 arcate numerate, rette da pilastri addossati a semicolonne, mentre il quarto livello (attico) è costituito da una parte piena ripartita da paraste in corrispondenza dei pilasti delle arcate. Nella parete si aprono delle finestre quadrangolari, una ogni due riquadri (nei riquadri pieni si trovavano probabilmente dei clipei bronzei); sotto il livello delle finestre sono collocate tre mensole sporgenti per ogni riquadro, nelle quali trovavano posto i pali di legno che venivano usati per manovrare il Velarium, cioè il telo di copertura dell'anfiteatro, che probabilmente era ancorato a terra a dei cippi inclinati, in parte visibili ancora oggi (sul lato verso il Celio) al limite della platea in travertino.

Al secondo e terzo livello, gli archi sono bordati da un parapetto continuo, in corrispondenza del quale le semicolonne presentano un dado come base.

Le semicolonne e  le lesene di tutti e quattro gli ordini hanno dei capitelli tuscanici, ionici e corinzi.

Tutto l'anfiteatro poggia su una piattaforma di travertino, sopraelevata rispetto all'area circostante. Le fondamenta sono costituite da una grande platea in tufo di circa 13 metri di spessore, foderata all'esterno da un muro in laterizio. La struttura portante è formata da pilastri in blocchi di travertino, collegati da perni: dopo l'abbandono dell'edificio, questi elementi metallici furono asportati per fonderli e riutilizzarli, scavando i blocchi in corrispondenza dei giunti (per questo motivo si vedono numerosissimi fori sulla facciata esterna). I pilastri erano collegati da setti murari in blocchi di tufo nell'ordine inferiore e in laterizio nell'ordine superiore. Tutta la struttura era sorretta da archi, sfruttati al massimo per ottenere sicurezza e praticità. All'esterno è usato il travertino e sempre di travertino sono composte le serie di anelli concentrici di sostegno alla cavea; in queste parti anulari si aprono dei varchi, decorati da paraste, che oltretutto fungono da riquadro. Le volte a crociera sono in opus cementicium (speciale tecnica costruttiva inventata e utilizzata dai romani) e spesso sono costolonate da archi incrociati in laterizio.

l'Anfiteatro Flavio è considerato patrimonio dell'umanità ed è stato inserito nelle nuove sette meraviglie del mondo.

FORO ROMANO

 

Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero a esso più spesso come Forum Magnum o semplicemente Forum) era situato nella valle compresa tra il Palatino e il Campidoglio e costituiva il centro commerciale, religioso e politico della Roma antica.

Il Foro sorge in una valle che un tempo era paludosa ed inospitale; addirittura tra il X e il VII secolo a.C. era usata come necropoli dei primi villaggi stanziati sulle colline circostanti. Secondo Tacito, la piana del Foro (così come anche il Campidoglio) fu aggiunto da Tito Tazio alla "Roma Quadrata" (Palatino) fondata da Romolo.

Molti autori antichi raccontano che, poco dopo la fondazione di Roma, nell'area del futuro Foro fu combattuta una grande battaglia tra romani e sabini: la Battaglia del Lago Curzio; nel corso della battaglia Romolo, vedendo i suoi indietreggiare, invocò Giove e gli promise, in caso di vittoria, la costruzione di un tempio a lui dedicato, quindi si lanciò nella battaglia riuscendo a contrattaccare e a respingere i sabini nelle zone in cui in futuro sarebbero sorti la Regia e il Tempio Di Vesta.

Nel 600 a.C. sotto il re etrusco Tarquinio Prisco, la valle venne drenata con la costruzione della Cloaca Massima e fu pavimentata in tufo; la piazza era rettangolare e costituiva il vero centro della città, al punto che convogliavano in esso importantissime strade, la più famosa delle quali era la Via Sacra, che correva dalle pendici del Cmpidoglio fino all'Arco di Tito. A memoria di quanto detto si citano   rispettivamente il  Miliarium Aureum e l'Umbiliculus Urbis, entrambi posti all'interno del Foro.

In particolare, l'Umiliculus Urbis era il luogo ove, per defininizione, il Cielo si ricongiungeva alla Terra e la Terra al Cielo. In questo stesso punto si trovava l'entrata del Mundus, ce congiungeva la Terra agli Inferi e che veniva aperto solamente in occasione del Mundus Patet.

La prima pavimentazione del Foro romano risale al primo periodo etrusco, databile verso la fine del VII secolo a.C. In seguito la piazza venne lastricata più volte nell'epoca repubblicana e in più punti sono state trovate tracce di questo stadio.

La pavimentazione attuale del Foro risale al 12 (I secolo) a.C. e di ciò vi è prova grazie ad un'iscrizione a grandi caratteri (ancora visibile) presso la Colonna di Foca, che è in sostanza un tributo al finanziatore del rifacimento della pavimentazione. La nuova pavimentazione fu resa necessaria a causa dell'incendio che avvenne sempre nel 12 a.C. e che distrusse parte del Foro, compresa la Basilica Emilia, la Basilica Giulia, il Tempio di Vesta ed il Tempio dei Càstori.

Nel Foro posso ancora ammirarsi i cosiddetti Rostri, ovvero platee dove i magistrati tenevano le orazioni; il nome deriva dalle prue delle navi nemiche che vennero strappate dai romani nella battaglia di Anzio e che vennero collocate nel Foro nel 338 a.C.

Davanti ai Rostri si trova una zona non pavimentata di forma quadrata, al cui interno sorgevano gli alberi sibolici del fico, dell'olivo e della vite (ripiantati in epoca recente).

Nel Foro si può ammirare anche la famosa Lapis Niger, ovvero la pietra nera che, secondo la tradizione, ricopriva la tomba di Romolo e che sorgeva a poca distanza dai Comizi.

Il più recente monumento del Foro è la Colonna di Foca (VIII secolo d.C), dedicata appunto all'imperatore bizantino Foca, di stile corinzio.

COLLE PALATINO

Il Colle Palatino è, secondo la leggenda, il luogo di fondazione di Roma.

A supporto di questa tesi vi sono i numerosi ritrovamenti di abitazioni (cosiddette capanne del Palatino) risalenti all'anno 1000 a.C.

Il nome Palatino deriva da Pale, la dea che presiedeva all'agricoltura e alla pastorizia e le cui funzioni di culto culto molto probabilmente si tenevano proprio su questo colle, il 21 aprile, giorno che coincideva con quello della fondazione della città.

Ancora, secondo la tradizione, il Palatino fu il luogo ove vennero trovati Romolo e Remo dalla Lupa, che li tenne lì e li allevò nella grotta del Lupercale; da qui anche la celebrazione della festività dei Lupercalia

Sul colle Palatino, nei pressi della Domus Tiberiana, sorge il criptoportico neroniano, un camminamento semisotterraneo lungo 130 metri che apparteneva alla Domus Aurea e che serviva a collegare quest'ultima ai palazzi imperiali.

Sempre sul Palatino sorgeva la Domus Augustana, che era la parte "privata" del palazzo di Domiziano e che occupa tutta la parte est del complesso; l'altra metà è occupata dalla Domus Flavia, la parte

"pubblica" dedicata alle funzioni ufficiali dell'imperatore; sul lato est si trova anche lo Stadio Palatino. 

Sul Palatino posso anche essere ammirate le vestigia di molti altri edifici, quali la Casa dei Grifi e la Casa di Livia.

 

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sab

20

apr

2013

Necropoli della Banditaccia

La necropoli etrusca della Banditaccia è posta su un'altura tufacea a nord-ovest di Cerveteri (RM). Ha un'estensione di circa 400 ettari, su cui si collocano migliaia di sepolture, databili tra i periodi che vanno dal IX secolo a.C. fino al III secolo d.C.

La necropoli ha origine da un singolo tumulo di tombe posto nella località "Cava della Pozzolana"; il nome "Banditaccia" deriva dal fatto che, a fine'800, la zona venne affittata tramite bando dai proprietari terrieri di Cerveteri a favore della popolazione locale.

La necropoli della Banditaccia è considerata la più estesa e la più antica di tutta l'area del Mediterraneo.

le sepolture più antiche sono villanoviane (IX secolo a.C. - VIII secolo d.C.) e presentano una forma a pozzetto, dove venivano poste le ceneri del defunto; alcune sepolture sono semplicemente delle fosse per l'inumazione.

Nel periodo etrusco (dal VII secolo a.C.) le sepolture cambiano, presentando due tipi di strutture: a tumulo e a dado; queste ultime consistono in una lunga schiera di tombe disposte lungo vie sepolcrali. Nella parte visibile della necropoli ci sono due di queste vie: la Via dei Monti Ceriti e la Via dei Monti della Tolfa, risalenti al VI secolo a.C.

Le sepolture a tumulo hanno una struttura di tufo a pianta circolare, che racchiude al suo interno una rappresentazione della casa del defunto, comprese stanze, corridoi, affreschi, letti (su cui venivano adagiati i corpi), vasellame, cibi.

Le sepolture più recenti risalgono al III secolo d.C. e sono costituite da coppiera, ovvero contenitori per cippi probabilmente usato per indicare il sesso del defunto.

I reperti ritrovati all'interno della necropoli sono esposti in parte al Museo Nazionale Archeologico di Cerveteri, in parte nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma ed ancora in tanti musei sparsi in tutto il mondo.

Dal 2004 la necropoli della Banditaccia è entrata a far parte dei siti patrimonio dell'umanità UNESCO.

 

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