Villa e Fattoria sotto l'Auditorium

Nel 1995, nel corso dei preliminari lavori di sterro nell'area destinata ad ospitare il nuovo complesso dell’Auditorium, vennero in luce signifiicativi resti murari ascrivibili ad un’epoca storica compresa tra la metà del VI secolo a.C. e l’inizio del III secolo d.C.
Negli anni 1996-98 fu effettuato lo scavo integrale dell’area, che portò alla scoperta di un edificio di oltre 2000 mq. di superficie. La costruzione più antica, una fattoria rustica di età arcaica, probabilmente abitata da un contadino agiato, cittadino e soldato di Roma, fu distrutta intorno al 500 a.C. e sui suoi resti fu edificata una grande villa patrizia associata ad un villaggio murato, probabilmente destinato ai servi agricoli (500-300 a.C.).
Successivi interventi edilizi, dei quali sono state riconosciute almeno tre fasi, hanno sostanzialmente modificato l’impianto della villa, che fu definitivamente abbandonata nei primi decenni del III secolo d.C.
E’ stata avanzata anche la suggestiva ipotesi che tale edificio fosse un annesso del santuario di Anna Perenna, la ninfa che i Romani veneravano il 15 marzo, data del più antico capodanno romano.
Tale identificazione deriva dal fatto che la fonte e il bosco sacro alla ninfa sono stati individuati con indagini archeologiche recenti nei pressi di piazza Euclide, in un’area, dunque, non lontana dal complesso dell’ Auditorium
Il Museo Archeologico è diviso in due spazi espositivi. Nel primo vengono illustrate con modelli in legno le architetture della fattoria e la villa nelle sue varie fasi,
Associate con i materiali archeologici più significativi, soprattutto il vasellame da cucina, da tavola e da culto.
Sono inoltre ricreati contesti particolari, quali la dispensa di una cucina, un forno da pane e un torchio oleario, che attestano lo svolgimento delle attività produttive e l’immagazzinamento delle derrate.
La grande tegola angolare di gronda con testa di divinità fluviale (Acheloo?) è il simbolo del Museo e, nel contesto della villa dell’Auditorium, allude al vicino Tevere.
Nella seconda sezione vengono illustrate le emergenze archeologiche del territorio compreso tra le Mura Aureliane e i corsi dell’Aniene e del Tevere e attraversato dalle vie Nomentana, Salaria e Flaminia.
All’interno di questa sezione, inoltre, è conservato un muro in opera reticolata riferibile alla recinzione della villa,
i cui resti è possibile ammirare dalla terrazza accessibile attraverso le sale del Museo. 

Intorno al 550 a.C. viene costruita una piccola fattoria con ambienti disposti intorno a una corte aperta su una strada. La tecnica di costruzione è modesta in scaglie di tufo con elevati in argilla e tetto in tegole. Sul lato settentrionale si trovano le stanze di abitazione, a est la cucina e la stanza con il forno per il pane e a sud i magazzini.

Sui resti della fattoria distrutta viene edificata intorno al 500 a.C. una prima villa articolata in una parte signorile – a cui è collegato un ambiente di culto – e in una parte rustica, entrambe organizzate attorno a una corte. La tecnica edilizia è ora in blocchi squadrati di tufo con elevati di argilla e tetto in tegole. Si costruiscono inoltre a sud un recinto per gli animali e un villaggio murato dove venivano forse rinchiusi i servi. E’ probabile che l’attività più redditizia della villa fosse legata alla coltivazione dell’olivo, come dimostra la base di torchio oleario rinvenuta nella zona signorile.

La villa viene ristrutturata intorno al 300 a.C. mantenendo l’originaria divisione tra parte signorile e parte rustica, mentre scompare il settore meridionale destinato ai servi. La corte della zona signorile ospita ora un altare per il culto della famiglia e il tetto viene dotato di una tegola angolare di gronda con testa di divinità fluviale (forse Acheloo) dalla cui barba fuoriusciva l’acqua.

Alla fine del III secolo a.C. la villa viene radicalmente rinnovata. La parte signorile si dispone intorno a un tipico atrio con al centro la vasca per la raccolta dell’acqua piovana (impluvio) e tre sale sul fondo verso nord. La sala centrale (il tablino) conteneva un armadio per l’archivio della famiglia di cui resta a terra una traccia risparmiata al lato del pavimento.

Intorno all’80 a.C. ha inizio una nuova fase edilizia che comporta alcuni ampliamenti realizzati non più in blocchi di tufo ma in opera cementizia. Ai lati lunghi dell’edificio si aggiungono magazzini e due stalle mentre scompare il piccolo luogo di culto. Un lungo muro in opera reticolata delimita ora la strada. L’edificio viene definitivamente abbandonato tra il 150 e il 225 d.C. come indicano alcune sepolture e gli accumuli alluvionali che arriveranno a raggiungere un’altezza di circa 4 m.

 



 

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