Domus Romane del Celio

Sotto la basilica dei S.S. Giovanni e Paolo al Celio, fondata all'inizio del V secolo dal senatore Pammachio, si estende uno straordinario complesso di edifici residenziali di età romana. La tradizione identifica questi luoghi con la casa in cui i S.S. Giovanni e Paolo abitarono e furono sepolti, dopo avervi subito il martirio sotto il regno dell'imperatore Giuliano l'Apostata (361-363 d.C.). Il complesso archeologico, scoperto nel 1887 da Padre Germano di S. Stanislao, rettore della Basilica dei S.S. Giovanni e Paolo al Celio ancora oggi officiata dai Padri Passionisti, svela un suggestivo itinerario attraverso oltre 20 ambienti ipogei su vari livelli, in parte affrescati con pitture databili tra il III secolo d.C. e l'età medievale. Un susseguirsi di sale decorate, un dedalo di strutture stratificate, tagliate dalla fondazione della chiesa, mostrano uno spaccato di vita quotidiana ed un'interessante commistione di temi culturali e religiosi. Da caseggiato popolare (insula) a ricca domus, fino alla costruzione del titulus cristiano: queste le vicende del monumento che nasce dalla fusione di una serie di edifici. Il nucleo principale è costituito da una domus su due livelli, del II secolo d.C., occupata da un impianto termale privato (balneum) al piano inferiore e da un'insula, caratteristico caseggiato popolare con un portico e taberne al livello stradale ed abitazioni ai piani superiori, costruita all'inizio del III secolo d.C. lungo il Clivo di Scauro. Le diverse unità abitative furono unite insieme nel corso del III secolo d.C. da un unico proprietario e trasformate in un'elegante domus pagana con ambienti di rappresentanza decorati da affreschi di pregio. La straordinaria stratificazione archeologica e l'ottimo stato di conservazione delle strutture si individua già all'esterno, poiché l'attuale muro perimetrale della chiesa paleocristiana ha inglobato la facciata dell'antica insula, della quale si riconoscono il portico ad archi lungo il Clivo di Scauro e le finestre di due dei piani superiori.

Lungo il lato settentrionale del clivus Scauri sorge la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, che ricopre e in parte riutilizza una serie di edifici di età imperiale. La basilica si apre su un piazzale, da dove aveva inizio una via antica, che correva in direzione nord, lungo il fianco del Tempio di Claudio (le cui vestigia sono ancora visibili all'esterno della basilica). Un'altra strada, parallela al clivus Scauri, verso nord, limitava il quartiere di abitazioni, del quale i resti sotto i Santi Giovanni e Paolo facevano parte. Due case dovevano trovarsi a sud-ovest della chiesa: della più orientale di esse si conserva per l'altezza di tre piani, a destra dell'abside, una grande parete di opus mixtum del II secolo d.C., dell'altra, pochi resti si possono vedere in fondo alla navatella destra (il grande affresco del cortile-ninfeo, di cui si tratterà più avanti, copre un aparete esterna di questa casa. Lungo il clivus Scauri il lato sinistro della chiesa ha riutilizzato la facciata della casa del II secolo d.C., che per questo si è conservata in modo eccezionale (solo in parte coperta dalle arcate medievali, che scavalcano in questo punto la via).

Le modificazioni apportate per adattare l'edificio antico alla nuova funzione sono: il taglio della facciata a metà dell'altezza del secondo piano e la chiusura delle finestre e delle sei arcate al pianterreno.

Gli ingressi della casa, uno dei quali conduceva direttamente al pianterreno mentre l'altro, tramite una scala, ai piani superiori, si aprivano in corrispondenza dei due fornici centrali. Le finestre erano disposte in due gruppi quasi simmetrici ai lati di un asse centrale, 13 al primo piano, 12 al secondo. Sul portico del pianterreno si apriva una serie di taberne. Sotto la chiesa sono state liberate, verso la fine del secolo scorso, due grandi case di abitazione a più piani - ad una delle quali appartiene la facciata prima descritta - separate da uno stretto angiporto, in un secondo tempo trasformato in un ricco ninfeo. La casa posta più a nord-est si affacciava in origine sulla via parallela al clivus Scauri e verso la via a quasta perpendicolare, che correva lungo il Tempio di Claudio (ma presentava anche una facciata minore sul clivus Scauri). Nel suo stato attuale, essa può essere datata all'epoca di Adriano, sulla sulla base dei bolli laterizi scoperti nelle murature, ma presenta fasi fasi più antiche, almeno dell'età flavia. Gli ambienti scavati si trovano in gran parte al di sotto della navata destra della chiesa, tagliati dai muri di fondazione del colonnato che separava questa navata da quella centrale.

Il pianterreno era costituito da grandi ambienti, orientati quasi esattamente secondo i punti cardinali, che erano decorati originariamente con stucchi, pitture e mosaici parietali policromi. Il terreno, che scendeva rapidamente verso nord, lasciava il posto per alcuni ambienti, sotterranei rispetto a quelli descritti, ma al pianterreno in direzione della valle. Questi erano occupati da un piccolo stabilimento termale di carattere privato. In un ambiente di quest'ultimo si trova una vasca, in un altro un bacino (labrum) di terracotta. La casa meglio conservata è quella sulla quale si sono impiantate la navata centrale e quella sinistra della basilica. La facciata ne è conservata perfettamente lungo il clivus Scauri, e costituisce il lato sinistro della chiesa. Questa casa (il cui sito fu occupato in precedenza da un edificio più antico) era separata dall'altra mediante uno stretto cortile. Questo fu trasformato, certamente in una seconda fase, in un ricco ninfeo, e fu dotato in tale occasione di uno zoccolo in muratura visibile in due punti: davanti all'ambiente e sul lato corto occidentale, dove si trova la grande pittura. Si trattava di un'installazione di fontane con giochi d'acqua. Il pavimento è costituito da un mosaico policromo a grandi tessere. Si nota anche, al centro, un grande pozzo, che poi fu prolungato in alto, fino al pavimento della chiesa. Una ricca decorazione dipinta rivestiva le pareti dell'ambiente: sulla destra si vedono ancora tracce di un corteo di eroti su mostri marini. Ma il settore più notevole è quello che occupa la parte superiore del lato corto occidentale: si tratta di un grandioso quadro, affrescato sulla parete (lungo m 5, alto m 3), che rappresenta forse il ritorno dall'Ade di Proserpina/ Venere in un tiaso marino. Altro capo del cortile (oltre il muro di fondazione del portico della chiesa) è una grande scala addossata al muro nord della casa: anche questa appartiene ad una seconda fase. L'edificio, un'insula a più piani suddivisa in appartamenti, subì dunque profonde trasformazioni in un secondo tempo (forse metà del III secolo). Esso dovette essere notevolmente abbassato e trasformato in una casa di lusso: un simile processo si può osservare anche in numerose case ostiensi. Il ninfeo del cortile appartiene evidentemente a questa seconda fase.

Dal cortile del ninfeo si accede agli ambienti del pianterreno, compresi tra questo e il clivus Scauri. Alcuni ambienti erano in origine taberne, che si aprivano sul portico esterno (che in epoca tarda fu chiuso con tramezzi, formando così degli ambienti antistanti). Altre stanze davano invece accesso al cortile e da qui alla casa più settentrionale, mentre un piccolo andito costituisce la gabbia della scala che portava agli ambienti superiori. In quella, prossima all'ambiente con il grande affresco - con il quale in origine comunicava direttamente (ora il muro di fondazione della chiesa obbliga a un grande giro per accedervi) - si può vedere una notevolissima decorazione a fondo bianco, con efebi che sostengono un festone vegetale, intramezzati da pavoni e da altri grandi uccelli. Nella volta sono rappresentati tralci e girali, tra i quali svolazzano eroti e uccelli. Il pavimento era rivestito di lastre di marmo, asportate in antico, ma delle quali restano le impronte. Questa notevole decorazione sembra contemporanea a quella del vicino ninfeo.

Una decorazione più tarda, attribuibile alla prima metà del IV secolo d.C., si trova in altri ambienti. Si tratta per lo più dell'imitazione in pittura di ricche incrostazioni di marmo policromo. Nell'"aula dell'orante" la decorazione pittorica, sempre del IV secolo, è più ricca e assai ben conservata (tranne la parte centrale della volta, che è perduta). Sopra l'abituale decorazione, che imita crustae marmoree, corre un pesante fregio di girali di acanto, al di sopra del quale ha inizio la volta, ricoperta da un motivo circolare, diviso in 12 settori. Entro questi scomparti sono rappresentati personaggi maschili, che reggono rotuli, e coppie di pecore, oltre ad altri elementi decorativi, In una lunetta appare la figura di un orante, rappresentato al modo abituale, con le braccia aperte, che dimostra il carattere cristiano della casa in questo periodo.

Di grandissimo interesse, per la storia della chiesa, è la piccola confessione a metà della scala del cortile. Si tratta di una nicchia decorata con affreschi della seconda metà del IV secolo d.C., nei quali è rappresentata una storia di martiri cristiani (essa era posta in corrispondenza di un'apertura, che si apriva nella navata centrale della chiesa. Gli affreschi, su due registri, coprivano tre lati della nicchia, sulla quale si apriva la fenestella confessionis; ai lati di questa sono due figure palliate e, al di sotto, un orante con due persone che si prostrano ai suoi piedi. Ma le scene più interessanti sono quelle di destra: vi si vedono tre figure - due maschili e una femminile - in marcia, scortate da altre due, forse soldati. nel quadro sottostante è rappresentata la decapitazione degli stessi personaggi. Nel tufo naturale del sottoscala, al di sotto di questa nicchia, si aprono tre cavità, che sono state interpretate come tombe.A livello archeologico non ci sono certezze sull'indetificazione dei santi della tradizione topografica postuma la cristinaizzazione del sito e la trasforrmazione della domus in domus ecclesiae e poi basilica. La casa è appartenuta fin dal III secolo a un aristocratico romano forse dopo la conversione della moglie alla fede cristiana divenuto cristiano, Bizante. Questi l'avrebbe donata alla Chiesa, trasformandola in un titulus. L'esistenza di soggetti cristiani in affreschi databili all'inizio del IV secolo; la probabile utilizzazione come luogo di riunione del primo piano della casa, di forma e dimensioni non troppo diverse da quelle della successiva basilica; gli affreschi della seconda metà del IV secolo - di poco posteriori quindi agli avvenimenti narrati - nei quali è rappresentato il martirio di due uomini e di una donna coincidono troppo bene con i dati della tradizione, ma non con la ricostruzione storica che è cronologicamente tarda rispetto alle pitture e giuridicamente errata rispetto al martirio pubblico che non è attestato a livello storico – scientifico, ma solo in testi dal valore poco attendibile e di molto successivi rispetto alle immagini.

Quando il proprietario ha lasciato la casa deve aver portato via le reliquie con sé e quando Pammachio ne è entrato in possesso ha trasformato, forse questo culto in quello dei santi della tradizione, sfruttando le tre cavità, forse un dispensario dove c'erano le reliquie del predecessore, come tombe di martiri sopra cui costruire la chiesa. È possibile anche che l'interpretazione sepolcrale delle aperture sia stata data dai monaci dell'800 che per primi hanno trovato questi resti. In accordo con l'ipotesi di un culto privato di uno dei proprietari della casa del IV secolo sembrerebbero le immagini degli altri ambienti tardo antiche del piano terreno delle strutture abitative intensive(insulae) divenute una o più domus.

 

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Commenti: 1
  • #1

    Ciro (martedì, 29 aprile 2014 16:34)

    Ciao! Ho perso il tuo numero!! Sono Ciro dell'ape Archeo...ancientaperitif@gmail.com